Tappe di un viaggio
Non è certamente un mistero che molti di coloro che hanno scelto una professione di aiuto sono partiti dall’ esigenza di aiutare se stessi; credo che mi sia capitata la stessa cosa, se penso a quando nacque in me, per la prima volta, l’idea di studiare che cosa, nella mente umana, produca la sofferenza. Ero allora un adolescente piuttosto inquieto, affascinato dall’ idea che questa comprensione potesse aiutare me stesso e gli altri a raggiungere un’ esistenza più serena e completa, e fu così che iniziai le mie prime letture psicoanalitiche; da lì è iniziato il lungo viaggio che mi ha portato dapprima a confrontarmi con gli studi filosofici (il “primo amore” che non si dimentica mai, e al quale sento che sto di nuovo guardando con grande interesse in questa fase avanzata della vita) e successivamente con la psicologia clinica.
Ho scelto, come prima formazione in psicoterapia, un orientamento cognitivo-costruttivista: in quel momento della mia evoluzione personale questa scelta corrispondeva all’ esigenza di muovermi più su un piano cognitivo e scientifico, ed è stata una complessa esperienza che mi ha permesso di costruire le prime basi solide sul piano clinico per iniziare a lavorare come psicoterapeuta.
È stato però l’incontro con Claudio Naranjo, avvenuto quando già mi ero fatto esperienza da diversi anni come terapeuta, che ha cambiato profondamente il mio modo di vedere il tema della sofferenza umana e della coscienza. Ho seguito, dapprima come allievo, il programma SAT e successivamente mi sono sempre più coinvolto nel suo progetto come terapeuta e coordinatore di equipe in vari paesi del mondo. Claudio Naranjo è stato un maestro eccezionale da tutti i punti di vista, tanto per la mia evoluzione personale, quanto per dare un respiro eccezionale alla mia formazione, dalla mindfulness alla Gestalt, dalla musica all’educazione, dall’ esplorazione della coscienza alla visione spirituale.
Grazie a questo incontro la mia visione si è aperta a un orizzonte umanistico; mi è apparso sempre più chiaro come la sofferenza sia inevitabilmente legata al senso dell’ esistenza che ognuno di noi cerca con fatica nel corso della propria vita; ridurre la sofferenza a schemi cognitivi e a comportamenti, a dimensioni neurobiologiche, a cluster scientificamente definibili secondo le sempre più pressanti richieste della evidence based therapy, sarebbe come, per citare le parole di un grande musicista e poeta come Gino Paoli, voler rinchiudere “il cielo in una stanza”. Un po’ come, per usare una delle più conosciute metafore della meditazione, confondere le nuvole con il cielo, o le increspature della superficie dell’acqua con la profondità del mare. Non c’è in questo pensiero un rifiuto new age della scienza: tutt’altro; c’è però anche una consapevolezza amara di come una scienza neutrale sia probabilmente una bella utopia, mentre ogni giorno constatiamo come più spesso la scienza sia al servizio del potere e responsabile dunque di una prematura liquidazione di tutto ciò che non sia immediatamente misurabile, quantificabile e, conseguentemente, vendibile.
L’idea che sta alla base di questo blog è quella di favorire una riflessione rispetto al nostro modo di affrontare alcuni aspetti dell’esistenza: atteggiamenti e convinzioni, spesso estremizzanti, che determinano i nostri comportamenti e caratterizzano un modo di vedere, influenzando anche la nostra vita affettiva, le relazioni interpersonali, l’idea stessa che abbiamo di noi. Le sfumature diventano ancora più interessanti quando analizziamo dimensioni polarizzate che, secondo la piramide di Maslow, si situerebbero a un livello di valori ideali o comunque esistenziali. Appare infatti evidente come una polarità esistenziale abbia di per sé un forte valore evocativo e già con la sua semplice enunciazione, stimoli un inizio di riflessione rispetto al nostro modo di affrontare alcuni fondamentali aspetti dell’esistenza. L’evocazione attiva più facilmente la sfera dei ricordi e, come tutte le suggestioni, il registro emozionale: questo ci permetterà di intraprendere insieme un viaggio le cui tappe saranno scandite da riflessioni sui principali nodi cruciali della nostra esistenza, nella convinzione che oggi più che mai, mentre tutti offrono soluzioni “chiavi in mano” all’insoddisfazione e al disorientamento comune, ciò che ci serva di più sia invece porsi delle domande e tollerare che non sempre abbiamo le risposte. Nella misura in cui saremo interessati a conoscerci, acquisiremo quella padronanza sulla nostra vita che non raggiungeremo mai utilizzando soluzioni facili e preconfezionate.
Claudio Billi
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La Sinfonia n.2 di S.Rachmaninoff è stata rivisitata per lunghi anni dal compositore, alla ricerca di una perfezione che pure scaturisce evidente fin dalle prime note del suo Adagio. Mi sembra una buona metafora della vita di un cercatore che guarda sempre verso il cielo…